A 112 Abarth – Una scavezzacollo molto apprezzata

Vittorio Falzoni GalleraniAuto storiche1 Comment

E’ il 1971 quando viene immessa sul mercato dal Gruppo Fiat l’ultima creatura di Carlo Abarth; l’ultima, perlomeno, dove Lui ha messo il naso fin dall’inizio della definizione del progetto; oddio, per la verità, se avessero lasciato fare a Lui questa vetturetta sarebbe stata una vera bomba dotata di testata monoalbero con valvole radiali da 107 CV ed un assetto da corsa, avendo Egli intuito fin da subito le enormi potenzialità agonistiche della Autobianchi A 112.

Crediamo non fosse un caso che l’esatta cilindrata di questo primo prototipo, poi mantenuta anche sulla versione di serie, fosse di 982 cc, esattamente la stessa dell’Abarth 1000 allestita sulla scocca della Fiat 600: un famiglia di mostriciattole capaci, nell’ultimo stadio di evoluzione agonistica (quella con il tetto a scacchi ed i radiatori anteriori), di sviluppare oltre 120 CV.

Accade però che, durante la definizione della versione di serie, la Fiat acquisisca la fabbrica di Corso  Marche e, pur lasciando a Carlo Abarth un ruolo da consulente, Egli preferisce ritirarsi a vita privata; gli uomini della Fiat hanno così campo libero e la A 112 Abarth nasce sì con cilindrata 982 cc ma con “soli” 58 CV che la rendono adatta anche alle mamme per portare a scuola i bambini.

Non si può però dire che la macchinetta fosse lenta: derivata dalla leggera versione base, già decisamente brillante con i suoi 44 CV, l’Abarth raggiunge poche signore, intercettata come sarà dai mariti: in genere giovani facoltosi ma non troppo e con la passione della guida.

I primi interventi della Fiat sono indirizzati a consentire una più ampia scelta di colori (inizialmente è disponibile solo in livrea bicolore rosso/ nero opaco con interni in finta pelle nera) ed a migliorare la finitura con inserti in tessuto ai sedili.

Nel 1975, pressati dalla clientela più sportiva ed in concomitanza con un moderato restyling che dà vita alla terza serie, si decide finalmente di aumentare la cilindrata del motore a 1.050 cc per una potenza di 70 CV; è questa, a nostro avviso, la versione stilisticamente più graziosa grazie ai suoi fanalini posteriori più grandi e proporzionati come la griglia di sfogo dell’aria sul montante posteriore; di questa viene proposta anche una versione ‘lusso’ con il rivestimento dei sedili parzialmente in velluto a coste, tre nuove tinte metallizzate (grigio, azzurro e bronzo) e pianale ricoperto in moquette.

Nel 1977 restyling molto più approfondito, ma meno riuscito, per la quarta serie; sconcertante, in particolare, l’aggiunta di molte modanature in plastica nera posizionate un po’ a casaccio mentre ininfluente sul piano estetico appare il rialzo del padiglione di due cm per una migliore abitabilità posteriore; questa serie è  importantissima storicamente avendo dato il la al Trofeo A112 Abarth, una formula addestrativa riservata ai rallyes dalla quale emergeranno assoluti campioni come Fabrizio Tabaton, Gianfranco Cunico ed il non dimenticato Attilio Bettega.

Appartiene alla quarta serie l’unica ‘speciale’ conosciuta della A112 Abarth: la Gold Ring, leziosa versione tutta nera con finiture, compresi i cerchi ruota, color oro e con interni beige chiari.

La Quinta serie del 1979 migliora molto l’estetica mediante l’utilizzo ancora più abbondante, ma questa volta sapiente, della plastica nera; importantissime le modifiche meccaniche con l’adozione dell’accensione elettronica e del quinto rapporto del cambio: un intervento, quest’ultimo, di cui si sentiva un gran bisogno ma che fornisce risultati solo parziali dato che si insiste con rapporti troppo corti e quindi la marcia veloce in autostrada, che sarebbe consentita dal generosissimo motorino, viene resa impossibile dalla sua assordante rumorosità.

La sesta e la settima serie sono solo migliorative sul piano degli accessori e della finitura a prezzo però di un certo “barocchismo” generale abbastanza comune nelle “ultime serie”di tante vetture costruite per molti anni: il disegno dei cerchi in lega a fiore diventa decisamente femminile, i sedili sono più imbottiti, abbiamo l’orologio digitale e sulla settima serie i fari fendinebbia rettangolari, i cristalli color bronzo ed un fascione riflettente tra i fanalini posteriori con impresso il nome del modello sul tipo di quello della Porsche Carrera.

Nel 1985, ormai esausta, la A112 lascia il posto all’Autobianchi Y10 che, dopo un’ incerta partenza, avrà un successo formidabile; nella sua gamma c’è anche la versione “cattiva”con il motore turbocompresso ed 85 CV a disposizione: le prestazioni sono notevoli ma lo “Scorpione” è sparito.

Oggi le A112 Abarth stanno vivendo una stagione di forte rivalutazione, trascinate al rialzo dalla conclamata competitività nelle gare di regolarità più impegnative e dalla eccellente affidabilità complessiva; ciò che solo un paio di anni fa superava raramente i cinquemila Euro oggi non viene via per meno di settemila senza contare che le rare prime serie arrivano tranquillamente oltre i dodicimila.

Ci paiono quotazioni ancora ragionevoli pensando alla versatilità ed al divertimento che queste macchinine offrono; certamente gli interventi conservativi della scocca (di totalmente conservate, nei fatti, non ne esistono più) devono essere ottimamente eseguiti: fate attenzione soprattutto alla ruggine attorno al parabrezza, costosissima da debellare.

One Comment on “A 112 Abarth – Una scavezzacollo molto apprezzata”

  1. penso sia la mia preferita (specialmente la terza versione, ma anche le ultime plasticose anni 80 mi piacciono molto).
    Mi piacerebbe molto averne una, purtroppo non sono molto competente in materia, quindi oltre alla difficoltà nel reperirne una in buono stato (non avrei gli strumenti per valutare in che stato è, a parte gli evidenti a livello di carrozzeria e interni), dovrei affidarmi a qualcuno per far valutare ed eseguire i lavori di restauro.
    questo purtroppo mi frena dal possederne una, mi limito a osservarle ai vari raduni

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