Jaguar E: buona la prima!

Vittorio Falzoni GalleraniAuto storicheLeave a Comment

Non avremmo voluto parlare di Diabolik in questa rievocazione della più famosa Gran Turismo britannica di tutti i tempi ma è un fatto che se ad Angela Giussani, scrittrice certamente non appassionata di motori, viene in mente di attribuire questa auto al “Re del terrore” ci deve essere, alle spalle, una motivazione importante.

Noi pensiamo sia quell’alone di leggenda che ha circonfuso questa vettura fin dalla sua prima apparizione al Salone di Ginevra del 1961: profilata come un proiettile, accucciata con l’abitacolo sulle ruote posteriori tanto da apparire pronta con un balzo a divorare la strada, essa è anche straordinariamente veloce; già i 240 km/h dichiarati sarebbero bastati a farne una bestia capace di vedersela alla pari con le Ferrari e le Maserati dell’epoca ma, tanto per sconcertare il pubblico infittendo il mistero, la Jaguar affida furbescamente alla stampa un’esemplare particolarmente messo a punto che, nelle mani di Paul Frère, raggiunge addirittura i 256 Km/h (siamo nel 1961!).

Prestazioni superiori a quelle dei bolidi modenesi prima citati ad un prezzo inferiore di circa mezzo milione di lire (ci veniva così anche la Fiat 500 per la città); prezzo comunque abbastanza elitario da non svilirne l’esclusività: nera come la notte diventa così l’auto ideale per Diabolik ma, in colori magari meno aggressivi, per tanti imprenditori e divi dell’epoca; Rita Pavone, per esempio, la preferisce verniciata di rosa e nella più leggiadra versione spider.

Certamente la cantante torinese non avvertì uno dei maggiori difetti della E appena uscita: il poco spazio per le gambe dei passeggeri (l’altro è il calore infernale che pervade l’abitacolo) ma la Jaguar, incalzata dalle lamentele, provvede molto presto a creare due pozzetti al pianale in corrispondenza della pedaliera e dei piedi del copilota.

Oggi i primi esemplari, denominati “flat floor” (pavimento piatto) sono i più preziosi (70/80.000 le Coupè – 100/110.000 le Spider) ma allora la modifica venne salutata, ovviamente, con favore.

Ancor meglio viene accolta, nel 1965, la maggiorazione della cilindrata a 4,2 litri anche perché è accompagnata dall’adozione di un nuovo cambio, sempre a quattro rapporti più overdrive, ma con tutti i rapporti sincronizzati; anche i bellissimi ma scomodi sedili a “baquet” della prima serie sono sostituiti con poltroncine più banali ma molto più comode; le valutazioni di queste versioni non si discostano molto dalle precedenti.

Nel 1966 un passo falso nel tentativo di allargare la clientela: nasce la goffa 2+2 con l’abitacolo sproporzionato ed il passo troppo lungo rispetto alla larghezza della vettura: oggi è la via più economica per assicurarsi una E-Type con prezzi che partono da 35.000 Euro per una buona vettura.

La Seconda serie nasce nel 1969 ed appare parecchio imborghesita rispetto alla precedente: è più lenta, più pesante e più brutta (relativamente, sia chiaro) con la calandra anteriore troppo grande (resasi necessaria dai condizionatori che gli americani cominciano a reclamare a gran voce) ed i paraurti rialzati per lo stesso motivo; meccanicamente la maggiore modifica è il passaggio, sugli esemplari destinati agli USA che oggi sono i più diffusi anche sul nostro mercato, dai tre carburatori SU ai due Zenith Stromberg che le permettono sì di consumare meno e di rispettare le nuove leggi americane sulle emissioni ma le costano una quota esorbitante della propria brillantezza; le ruote a raggi diventano optional. Le quotazioni della S2 vanno dai 35.000 Euro di una 2+2 ai 75.000 di una roadster, passando per i 55-58.000 della Coupé.

Nel 1971 il salto è epocale e sempre più orientato verso oltre Atlantico: cancellazione della Coupè a due posti, passo allungato della 2+2 anche sulla versione decapottabile e motore 12 cilindri da 5,3 litri alimentato da quattro carburatori, cambiano completamente il carattere della  E-Type che perde qualsiasi residua velleità sportiva per diventare un lussuoso incrociatore autostradale più adatto, anche a causa consumi, alle interminabili Interstate americane; dotate di aria condizionata (praticamente tutti gli esemplari per l’esportazione), servosterzo e spesso di cambio automatico, particolarmente adatto alle caratteristiche di “souplesse” del V12, le nuove E perdono la possibilità di calzare le ruote a raggi anche a richiesta.

Nonostante si tratti, per certi versi, di una sopravvissuta, questa ultima evoluzione riscuote un certo successo e tiene bene il mercato fino al 1975, anno in cui lascia il posto, dopo circa 70.000 esemplari consegnati, alla XJ-S, un’altro tipo di macchina che si fatica persino a considerare come l’erede della E-Type ma così è….Però, a pensarci bene, una XJ-S nera secondo noi sarebbe sicuramente andata a genio a Diabolik, voi che ne dite!?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *