Alfa 33: insospettabile divertimento

Vittorio Falzoni GalleraniAuto storicheLeave a Comment

Per la verità, quando nasce nel 1984, questo modello porta il graziosissimo nome di “Giardinetta” di antica tradizione italica (è un nome coniato dalla Carrozzeria torinese Viotti nell’immediato dopoguerra) che però l’Alfa Romeo 33 decide di sfoggiare solo fino al 1986 quando, in concomitanza con un leggero restyling, assume il pomposo nome Sport Wagon.

Concretamente si tratta della versione familiare della “piccola” del Biscione, l’erede della rivoluzionaria (per l’Alfa Romeo) Alfasud del 1972, ed è disegnata molto efficacemente in Casa da Ermanno Cressoni.

Per la trasformazione in “Giardinetta” però si vogliono fare le cose ancora più in grande e se ne commissiona il disegno alla Pininfarina come non manca di sottolineare una placchetta alla base del terzo montante del padiglione, insolitamente larga in seguito al mantenimento delle portiere della berlina.

In sostanza si può ricondurre proprio a questa “firma” la nostra preferenza della Alfa 33 station rispetto alla berlina: meno diffusa, fin da subito è destinata ad un pubblico diverso e più raffinato che spesso la usa come seconda o terza auto da svago nella versione a quattro ruote motrici, quella che, proprio con questa configurazione di carrozzeria, vede ottimizzata la propria vocazione di partner della famiglia in settimana bianca o della comitiva a caccia in Maremma.

Purché né l’una né l’altra siano troppo numerose od esigenti in fatto di spazio; questo sia ben chiaro: il differenziale posteriore ne sottrae ancora una fetta ad un vano di carico già non sovrabbondante; d’altronde si tratta di una macchinetta agile, disinvolta ed elegante, non si può pretendere pure che sia cavernosa come una monovolume: accontentiamoci.

Soprattutto perché essa si fa perdonare con un piacere di guida che oggi gli elettrodomestici su ruote che compongono il suo segmento di mercato non vi concedono neppure di immaginare; a parte le prestazioni oggettivamente superiori, la meccanica Alfa Sud migliorata negli anni vi gratifica con la perfetta spaziatura dei rapporti del cambio e la elevata tenuta di strada assicurata dal peso limitato della vettura e dal basso baricentro del motore boxer che, dal canto suo, è dotato di una sonorità e di caratteristiche di erogazione della potenza tali da incantare qualsiasi appassionato; questo in tutte le varie cilindrate in cui è stato offerto (si pensi che già l’1.3 raggiunge i 170 all’ora) e con consumi che, in caso di guida attenta, sanno essere piacevolmente contenuti.

Ci viene da dire che i soprannaturali tecnici dell’Alfa Romeo abbiano dato il loro meglio proprio su questa famiglia di trazioni anteriori, a partire dalla già citata Alfasud, quando sono riusciti, pur senza esperienza in merito, a dare il la a questa dinastia di capolavori della meccanica.

Nel 1990 esce la seconda serie, quella che consigliamo nonostante il restyling non sia del tutto convincente; anzi ci pare che banalizzi un poco la linea mentre l’abitacolo aveva già perduto la personalissima plancia della prima serie in occasione del primo lifting del 1986.

La preferiamo per due motivi: è quella che offre i motori più performanti (fino a 132 Cv del 1.7 i.e. 16V mentre la I serie si ferma a 114 Cv) ed ha qualche anno in meno; quest’ultima lapalissiana caratteristica è qui particolarmente importante data la imbarazzante qualità costruttiva che, purtroppo, ha sempre afflitto le Alfa 33; i più macroscopici talloni d’Achille sono due: le stralunate indicazioni degli strumenti (in particolare il check control) ed il tipo di plastica usata nella plancia e nelle finiture, estremamente rigida e quindi fragile; è probabile, quindi, che meno anni hanno sul groppo queste componenti meno deteriorate esse saranno.

Per i fan della trazione integrale è importante sapere che solo sulla seconda serie è possibile averne anche il tipo permanente oltre a quello inseribile della 4X4 (la corrispondente versione si chiama Permanent fino al 1993 poi Q4,) disponibile comunque sempre solo con le motorizzazioni 1.7.

Per quanto, come ci sembra di aver lasciato intuire, le versioni più potenti siano per noi le più attraenti, il criterio di scelta che ci sentiamo di privilegiare è lo stato di conservazione (non credete a fantomatici “restauri”).

E’ qui la vera discriminante tra un buon acquisto ed una valle di lacrime; per il resto le 33 sono tutte scelte centrate (tranne le Diesel a tre cilindri che però sembrano fortunatamente scomparse); irrinunciabili ci paiono i cerchi in lega che si possono scegliere tra infiniti modelli e, se si è costretti a circolare in una grande città, un impianto a GPL con serbatoio toroidale nel vano della ruota di scorta.

E, soprattutto, se per caso siete riusciti a mettere le mani su una bella quattro ruote motrici, magari climatizzata, buona vacanza sulla sabbia!

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