Per tutta la primavera e l’estate del 1981 le notizie sull’imminente debutto della nuova piccola Maserati si rincorrono sulla stampa, specializzata e non, perché, pur nell’indeterminatezza delle caratteristiche generali della vettura, quello che già si sa è che per la prima volta un modello del Tridente sarà accessibile ad una clientela meno rarefatta di quella abituale.
Alejandro de Tomaso (proprietario della Casa modenese fin dal 1975), con il suo indubbio genio del marketing, stabilisce la data della presentazione ufficiale della Biturbo proprio il primo Dicembre, stesso giorno della fondazione della Maserati nel 1914, di quel 1981.
Anche l’auto stessa è da genio del marketing: ispirata spudoratamente alla BMW serie 3, modello allora sulla cresta dell’onda, ne esaspera in meglio tutte le caratteristiche di sportività e rifinitura (in questo caso apparente, come purtroppo emergerà presto) con in più l’enorme valore aggiunto del Marchio: allora tra il Tridente e l’elica stilizzata non c’era proprio storia; ultima bomba il prezzo annunciato inferiore ai venti milioni di lire.
Tutto questo con un motore sotto il cofano che, pur restando furbescamente al riparo da sorteggi fiscali, limitandosi a due litri di cilindrata, presenta il ‘nobile’ frazionamento a sei cilindri (a V di 90°) e, per raggiungere una potenza adeguata alla tradizione Maserati, è sovralimentato mediante due turbocompressori (uno per bancata) per una potenza risultante di 180 CV (contro i 122 della BMW 320); l’abitacolo, poi, è di una ricercatezza quasi eccessiva, con materiali pregiati sparsi dappertutto e, se la loro durata nel tempo e la cura nel montaggio lasciano a desiderare, a vettura nuova nessuno può saperlo ed i clienti ne vengono inevitabilmente sedotti.
La domanda fa boom con quasi 2000 vetture consegnate nel 1982 ed oltre 5000 nel 1983 come peraltro fanno boom le lamentele dei clienti perseguitati da continui problemi di affidabilità, il peggiore dei quali risulta essere la spiacevole tendenza della Biturbo a prendere fuoco.
Appare chiaro che la vettura è stata commercializzata senza il necessario collaudo ed alla Maserati tocca correre affannosamente ai ripari quando il danno di immagine è già fatto: un grande progresso sulla strada della cura dei difetti è la presentazione, nell’Aprile 1987, della versione ‘i’ dotata di iniezione ed accensione elettroniche Weber/Marelli che risolve i problemi di ingolfamento e di ritorno di fiamma della prima versione a carburatore; un anno dopo (1988) compare l’ultima evoluzione delle Biturbo ‘tranquille’ con testata a 18 valvole (tre per cilindro): è la 222 che comunque ha raggiunto la rispettabile potenza di 223 CV.
Quella delle ‘Biturbo’ è infatti una famiglia che, accanto alle versioni coupé originarie, presenta anche le Spyder (così: con la y) e le berline, ognuna affiancata da una versione ancora più cattiva.
Relativamente alle coupè si inizia a ‘doparle’ già nel 1984 con la Biturbo S dotata di due intercooler per una potenza di 210 CV ed un allestimento estetico decisamente vistoso che, nel caso della Si ad iniezione del 1987 guadagna anche un alettone sul coperchio del bagagliaio; accanto alla 222 del 1988 abbiamo poi la 2.24v con testate dotate di doppio albero a camme e dodici valvole cadauna (quattro per cilindro, quindi) per 245 CV ed oltre 230 km/h.
E non è finita qui perché, continuando a produrre le eredi del progetto Biturbo si punta decisamente all’eccellenza prestazionale che darà vita nel 1990 alla Racing da 286 CV e nel 1992 alla Ghibli da 306 e tutto con affidabilità sempre crescente ed ormai pienamente soddisfacente.
Non tutte le Ghibli (e non in tutta Italia) oggi sono storiche e quindi le tasse vanno pagate per intero ma ritengo possa valerne la pena pur di mettersi in garage questa piccola bestia da 250 km/h e 25 secondi sul km da fermo oltretutto omaggiata da un riuscito e moderato restyling firmato da Marcello Gandini.
Da comprare ad occhi chiusi anche se non sarà facile trovare un buon esemplare che non abbia preso la strada del Nord Europa; da valutare con più attenzione l’acquisto delle versioni precedenti controllando innanzitutto che siano complete di tutti i particolari e, possibilmente, con la prova degli aggiornamenti eseguiti all’epoca per tamponare i malfunzionamenti.
Queste ultime, comunque, possono andare bene solo se si ipotizza un uso eminentemente collezionistico del mezzo con brevi ed occasionali sortite; per un uso più appagante spingetevi il più possibile verso il 1995: limite, nelle regioni virtuose, per le esenzioni fiscali.
In questo ambito due gemme, oltre alla già lodata Ghibli, mi sembra risplendano più delle altre: la 2.24v e la Racing: buona caccia!
2 Comments on “La Maserati Biturbo: qualità perfettibile”
Noi in famiglia abbiamo avuto una biturbo del 1984 ed una 222. Quella a carburatore aveva bisogno di una certa malizia negli avviamenti a caldo , consumava parecchio pero’ non aveva dato particolari problemi .Le prestazioni per una 2000 dell’epoca erano(e sono ancora) favolose. La 222 era meno “scorbutica” ,più’ silenziosa,consumava molto meno e non aveva mai dato problemi. Secondo me erano belle macchine.
Se, per esempio, compro una Fiat 500L del 1970 in pessime condizioni (fondi marci, motore con fasce andate, scarburata, interni mal messi etc etc) possiamo star sicuri che il costo del restauro potrebbe superare il valore dell’auto.
E parliamo di una 500.
Ok, la Biturbo venne presentata con difetti congeniti,era fondamentalmente “scorbutica” ma ricordiamo che siamo nel 1982….cioè…quasi 40 anni fa!!!
Detto questo, quante Biturbo hanno avuto regolare manutenzione?
Spesso usate, sono finite nelle mani sbagliate e comunque…è una Maserati con costi di manutenzione da Maserati…o che Porsche, Jaguar e Ferrari, fanno la manutenzione gratis?