Commentando Auto e Moto d’Epoca di Padova, ove il grande pubblico ha potuto vedere la nuova E-Pace, la ‘piccola’ SUV di casa Jaguar, osservammo che, pur essendo indubbiamente un’automobilina deliziosa, secondo noi, nulla ha a che fare con il DNA, di un Giaguaro ruotato.
Ci soccorre in questa affermazione un anniversario importante per questa gloriosa Casa inglese: trenta anni fa, nel 1987, la Jaguar vinse per la prima volta il Campionato Mondiale Marche, interrompendo un imbarazzante predominio Porsche, una cliente notoriamente molto difficile sia su pista che su strada, che si protraeva dal 1976.
Una prima vittoria era già stata conquistata nel 1986 alla 1000 km di Silverstone, quando Dereck Warwick ed Eddie Cheever portarono la loro XJR-6 (un nome che è tutto un programma…) a doppiare due volte la seconda classificata: nientepopodimeno che la Porsche 962C di Derek Bell e Hans Joachim Stuck: due super campioni della specialità.
La stampa sportiva sottolineò con forza che la Jaguar aveva così interrotto un digiuno durato oltre ventinove anni dalla vittoria di Ivor Bueb – Ron Flochart a LeMans nel 1957; ed è d’uopo ricordare che questa vittoria sul circuito della Sarthe non era la prima bensì la quinta: e una, quella del 1953, ad opera di quella C-Type che portò alla prima vittoria i freni a disco su di un’automobile: un’innovazione non di poco conto.
Seguì una tripletta ad opera della D-Type, quella con la pinna dietro il casco del pilota, che fu costretta a cedere lo scettro solo nel 1958 a causa del cambio di regolamento che limitava la cilindrata a soli tre litri spianando la strada alle Ferrari 250 che, però, nelle ventiquattro ore, percorse circa trecento chilometri in meno rispetto all’edizione precedente.
Ma torniamo al 1987 per descrivere la protagonista dell’impresa, insieme con Raul Boesel che si laureò Campione tra i piloti: la Jaguar XJR-8; derivata dalla vettura che l’anno precedente aveva rotto il ghiaccio, fu modificata principalmente nelle sospensioni ma conservò, migliorandolo, il monumentale motore V12 da sette litri, derivato da quello montato sulla XJS di serie, che, senza tante complicazioni costruttive (due valvole per cilindro e cambio manuale a cinque marce), erogava 730 CV, adeguati per vincere otto gare su dieci ed il Campionato.
Purtroppo mancò la mitica Ventiquattr’ore francese che non sfuggì, invece, l’anno successivo, quando la XJR-9 (sostanzialmente una XJR-8 con il motore portato a 760 CV) di Jan Lammers, Andy Wallace e Johnny Dumfries tagliò trionfalmente il traguardo alla media oraria di oltre 221 km/h: la seconda di tutti i tempi. Incidentalmente diremo anche che fu ancora Jaguar il Campionato Marche e quello Piloti con Martin Brundle.
Ecco: queste vittorie della forza bruta di dodici pistoni che lavorano all’unisono per battere le rappresentanti dei doppi turbo da 2,9 litri che, allora, sembravano la scelta obbligata, riempie il cuore di soddisfazione noi romantici dell’automobilismo; e ci pare di poter dire che solo la Jaguar poteva riuscire in questa impresa così efficacemente: una Casa fondata da Sir William Lyons, un genio dell’automobile, nella tradizionalista Gran Bretagna, e che sempre, anche nei più bui periodi targati British Leyland, è stata capace, pur tra mille difficoltà, di non deviare dalla sua retta via fatta di magnifiche berline e di sportive che hanno fatto la storia.
Quella è la Jaguar. Vedere oggi queste strane macchine a ‘ruote alte’ potere sfoggiare il giaguaro che si avventa sulla preda fa un po’ ridere anche se con amarezza; è vero, noi saremo forse dei ‘retrogradi’ e sicuramente non degli esperti di marketing, però una considerazione crediamo ci sia permessa: la rincorsa di nuove fette di mercato verso il basso, già tentata da quasi tutti i Costruttori di alto prestigio, si è rivelata, nel migliore dei casi, scarsamente lungimirante poiché ciò che si è guadagnato nell’immediato coi volumi di vendita si è poi perso con gli interessi faticando a mantenere, od a recuperare, il proprio posto nel Gotha dell’automobile così faticosamente conquistato e così remunerativo.
La Jaguar, a questo proposito ci pare un caso esemplare: dopo la X-Type, una Ford Mondeo sotto mentite spoglie, il Marchio ha perso gran parte della sua esclusività ed è anche per questo che, ancora oggi, le loro berline medie fanno fatica a reggere la concorrenza mentre per imbattersi in una spettacolare XJ occorre interpellare ‘Chi l’ha visto?’.
La tradizione, secondo noi, per il prestigio di alcuni Marchi, è tutto ed i grandi Gruppi che li hanno acquisiti farebbero bene a rispettarla; non vorremmo, altrimenti, vedere un giorno, accanto ad una E-Pace derivata dalla Evoque, una Land Rover berlinetta derivata dalla F-Type: questa sì una Jaguar coi fiocchi!
One Comment on “TRENTA ANNI FA LA JAGUAR VINCE IL SUO PRIMO MONDIALE MARCHE”
bellissima la jaguar io ho il modellino di questa fantastica auto da corsa vincitrice di le mans ,sono appassionato di sport certo la mia preferita era la porsche ma anche la jaguar non disdegnava di essere seguita .le mans è sempre le mans ,cambiano le auto il fascino rimane .mauro il barone rosso