Come mi è accaduto quasi sempre nella scelta delle automobili (e non solo), nell’acquisto della mia Fiat Tipo un grande ruolo lo ha avuto il caso. Ciò non vuole dire che non apprezzassi questo modello: progettato in Fiat nel ‘periodo Ghidella’ rappresenta, al netto della trascuratezza costruttiva delle Fiat di quegli anni, uno degli esempi più luminosi di progettazione di berlina compatta a due volumi dove spazio abitabile, corretti ingombri e leggerezza si combinano in maniera forse insuperata; provare per credere.
Da poco privo della gloriosa Renault 4TL che aveva preso la strada della Sicilia (l’ho invidiata molto per questo) nelle mani di una simpatica signora, vengo a sapere dal mio meccanico che, a cinque chilometri da casa mia, c’è una Fiat Tipo ‘nuova’; confidando sulla competenza del soggetto, vado subito a vederla e, in effetti, non era proprio ‘nuova’ ma poco ci mancava: 29.000 km, ancora gli primi pneumatici con sufficiente battistrada e l’ormai dimenticata vetrofania al lunotto celebrante la conquista del trofeo Auto dell’Anno. Il suo primo proprietario, nel 1989, era stato un dipendente Fiat che l’aveva avuta con un forte sconto e, dopo i sei mesi canonici, l’aveva venduta all’attuale intestatario: un signore che, all’epoca della mia visita, era ormai troppo avanti con gli anni per continuare a guidare.
A parte lo stato di conservazione, cui già ho accennato, alcune caratteristiche dell’esemplare fugarono ogni mia perplessità: innanzitutto si trattava di una versione AGT, quindi priva della cagionevole strumentazione a cristalli liquidi che caratterizzava la molto più venduta DGT (successivamente Digit); in secondo luogo era dotata dell’economicissimo motore F.I.R.E. nella debuttante cilindrata di 1.1 litri e poi, terzo luogo, si presentava nello straordinario allestimento ‘base’, senza alcun optional, e nel colore bianco che, allora, non comportava sovrapprezzo come invece, inspiegabilmente, accade oggi. Rarissimi, poiché spesso sostituiti o smarriti, ed altro piccolo fattore di seduzione per il ‘folle’ sottoscritto, i copricerchi in plastica con i fori a semplice raggiera anzichè con i tentativi di design delle DGT.
Comperata senza indugio, fui anche in grado di sfruttare lo sgravio fiscale sulla Imposta Provinciale di Trascrizione allora concesso ai veiocoli ultraventennali se in possesso del Certificato di Rilevanza Storica dell’A.S.I.: documento che riuscii ad ottenere nei sessanta giorni concessi tra la firma dell’atto di vendita e la registrazione al P.R.A (spesa totale circa € 270,00 essendo io già socio dell’Ente). Prima di portarla a casa, essa è transitata in officina poiché anche il non uso non impedisce il passare del tempo e qualche danno lo provoca anche in se stesso; fu necessaria la sostituzione prudenziale della cinghia di distribuzione, in situ da venticinque anni, di tutti i fluidi vitali dell’auto, dei tubi del carburante e degli pneumatici poiché fu subito chiaro che i tanti anni li avevano induriti al punto tale da renderne assordante il rotolamento. Siccome questi ultimi, comperati a suo tempo in demolizione per una delle mie ricorrenti Opel kadett, erano già in garage, il tutto mi venne a costare € 200,00. L’autoradio non era mai stata montata, come peraltro, lo specchietto retrovisore destro: due componenti che giudico irrinunciabili nella circolazione odierna; è bastata una visita al demolitore per procurarmi specchio ed antenna al costo complessivo di € 35,00 (senza contare l’intima soddisfazione del riuso) mentre più costoso è stato l’acquisto degli altoparlanti anteriori, per i quali la Tipo è predisposta: € 70,00. Direte: e lo stereo!? Quello l’avevo già: un autoctono Majestic dotato di impagabile lettore di musicassette delle quali ho una collezione.
Da quel giorno è iniziata la mia vita con lei e, in poco più di tre anni, ho percorso circa 19.000 km con pochissime noie: in sostanza si è resa necessaria la sostituzione del terminale della marmitta (€140,00) delle molle ad aria del portellone (€ 40,00) perché mi cadeva in testa, di una luce targa (€ 7,50) perché si era rotto uno dei suoi supportini di plastica e non restava in sede e dell’impulsore, che, in caso di accensione elettronica, nello spinterogeno sostituisce le puntine platinate, perché a caldo il motore non ripartiva (unica volta in cui la Tipo mi ha lasciato a piedi ‘grazie’ appunto all’elettronica) per una spesa inferiore ai cento Euro. In Emilia Romagna il prezzo del ‘bollo’, solo se si circola, è di € 25,82 e, per l’assicurazione R.C., avendo altri veicoli d’epoca ed essendo quindi contraente di una polizza cumulativa, spendo attorno ai trenta Euro annui; il consumo è fisso sui 16 km/litro nell’uso comune sui brevi percorsi per sfiorare i 19 km/litro nei pochi viaggi autostradali efettuati sui 100/110 km/h.
A mio avviso c’è di che essere soddisfatti.